Quanti tipi di insonnia esistono?

Gli italiani? Un popolo di insonni. Adulti o bambini, il problema non ha età anche se colpisce soprattutto gli anziani. Secondo i dati dell’Istat, ben 22 milioni di nostri connazionali soffrono d’insonnia almeno una volta l’anno, mentre 4,5 milioni sono le persone colpite in maniera cronica che necessitano di cure mediche. Le cifre possono spaventare, soprattutto se si pensa che la perdita di sonno possa avere un impatto negativo sulla vita di ogni giorno, causando difficoltà in ambito scolastico e lavorativo oppure, in casi più gravi, depressione e incidenti stradali. Come si può recuperare la facoltà di dormire bene e in maniera sana? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Angelida Ullo, psicologa del Policlinico di Catania.

Per ogni adulto sono necessarie
6-8 ore di sonno a notte

Insonnia e difficoltà ad addormentarsi sono sempre più in agguato durante i cambi di stagione, quando la variazione di luce può influire sulla qualità del sonno, o in un periodo stressante come quello che stiamo vivendo, segnato dal lockdown e dalle incertezze per il futuro. «Per recuperare le giuste energie per lo svolgimento delle attività quotidiane di un adulto sono necessarie circa 6-8 ore di sonno a notte. Ma svegliarsi riposati non è solo una questione legata al numero di ore in cui si dorme, ecco perché è fondamentale concepire il riposo come uno stato di rilassamento profondo a cui è possibile arrivare lavorando sul corpo e la mente in sinergia», afferma la psicologa Ullo.

Da transitoria ad acuta: l’insonnia
si distingue per durata

La difficoltà di addormentarsi si distingue a seconda della durata in:

  • Insonnia acuta se dura meno di 1 mese. Può essere dovuta, ad esempio, a situazioni stressanti, a cambiamenti delle abitudini del sonno, all’orario lavorativo o alla posizione geografica (quello che tutti noi conosciamo come “jet lag”): si tratta di un disturbo transitorio;
  • Subacuta se si manifesta tra le 4 e le 6 settimane. È solitamente sperimentata come conseguenza dello stress post-traumatico (in seguito a un lutto o un incidente stradale per esempio); 
  • Cronica se dopo più di 6 mesi: si tratta di un disturbo a lungo termine, nella maggior parte dei casi, dovuto a malattie fisiche (patologie cardiovascolari, respiratorie, reumatiche, neurologiche che possono ritardare o impedire il sonno) o psichiche (ansia e depressione).

Difficoltà ad addormentarsi
e risvegli frequenti

Le difficoltà non sono sempre uguali, ecco perché l’insonnia si divide anche in questi tre tipi:

  • Iniziale, che consiste nella difficoltà ad addormentarsi;
  • Centrale, ossia quella caratterizzata da frequenti e ripetuti risvegli durante la notte, in assenza certamente di cause fisiologiche;
  • Ritardata con risvegli precoci nelle prime ore del mattino, in assenza di cause esterne giustificanti come un turno lavorativo.

«Per risolvere il problema è indispensabile trovare l’origine dell’insonnia e individuarne la causa. Sappiamo bene che è un fenomeno diffuso, ma non dobbiamo confondere le patologie croniche, che necessitano di attenzione clinica, da quelle costituzionali, ossia quei tipi di insonnia, solitamente transitori, caratterizzati da poche ore di sonno senza, però, alcuna compromissione dell’efficienza individuale», afferma la psicologa Ullo.

Quali sono le cause scatenanti

Le cause di un sonno disturbato sono varie e di natura diversa. Possiamo trovarci di fronte a casi più semplici, legati a specifiche situazioni: come, per esempio, l’insonnia da adattamento, ossia quel tipo d’insonnia legata alla difficoltà di dormire in un letto diverso o fuori casa, oppure possiamo imbatterci in quel tipo di insonnia secondaria a condizioni mediche o psicologiche stressanti. Per quanto riguarda le condizioni mediche può accadere che un soggetto abbia difficoltà ad addormentarsi durante un’ospedalizzazione, oppure a causa del dolore o dei sintomi di patologie organiche cui affetto. Le situazioni psicologiche che possono innescare questo tipo d’insonnia hanno varia natura: da quella più piacevole come l’innamoramento o l’attesa di un lieto evento, a quella più spiacevole, come un lutto di un persona cara, i contrasti di coppia o familiari, le difficoltà economiche. Esistono inoltre altri tipi di insonnia innescate da una scorretta igiene del sonno, ossia quegli stili di vita che impediscono un’adeguata vigilanza diurna e un sonno ristoratore. Altri possibili fattori di disturbo possono essere rappresentati dal pisolino pomeridiano prolungato o dalle intense attività intellettuali o fisiche sostenute prima di andare a letto.

Come comportarsi in caso di insonnia

«Se l’insonnia dura da oltre un mese, è bene recarsi dal medico di famiglia che dopo aver ascoltato il paziente lo indirizzerà allo specialista più opportuno (psichiatra, neurologo, psicologo). Il dottore, dopo un accurato esame del tipo di insonnia, deciderà la strategia terapeutica da adottare». In molti casi è sufficiente ricorrere a piccoli accorgimenti per migliorare la qualità del sonno. Tra le regole da seguire per dormire bene bisogna ricordarsi di coricarsi sempre alla stessa ora e alzarsi presto al mattino, evitando di poltrire a letto dopo il risveglio; dedicare mezz’ora al giorno, possibilmente al mattino o nel primo pomeriggio, all’attività fisica-motoria; cercare di evitare il più possibile i sonnellini pomeridiani; in caso contrario, mantenerli come abitudine regolare, ma soltanto di breve durata; non assumere caffé, alcol, pasti pesanti e fumo nel tardo pomeriggio, né soprattutto in prima serata.

Fondamentale la scelta dell’ambiente della camera da letto che deve essere accogliente, silenzioso, buio, ben aerato, con una temperatura compresa fra i 18 e i 20 gradi e quella di un materasso di qualità (di cui abbiamo parlato qui: guida al materasso). Infine bisogna coricarsi solo quando si ha sonno, favorendo il riposo con rituali che permettono il rilassamento: come bere una tisana, praticare yoga o leggere un libro. Leggere questo blog è un’atra soluzione efficace, ma non prima di dormire, mi raccomando: a letto vietati cellulari e tablet!

Se queste abitudini non dovessero essere sufficienti, il dottore può prescrivere farmaci ipnoinducenti che favoriscono il sonno come le benzodiazepine. Nei casi più invalidanti è necessario integrare con terapie non farmacologiche, come una psicoterapia mirata a individuare la fonte del malessere.

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